L'esperimento per digitalizzare l'anima - Racconto breve

L'esperimento per digitalizzare l'anima, è un racconto breve originale sui rischi di trasformare l'identità corporea in un sistema digitale. Scopri qui la storia completa!

STORIE E RACCONTI

Mr. Red Drakar

10/18/20251 min read

Secondo una leggenda metropolitana, in un laboratorio segreto situato nei sotterranei di Zurigo. Un gruppo di scienziati di un progetto chiamato Erevos tentò l’impossibile: trasferire la coscienza umana in un sistema digitale.
L’obiettivo non era la semplice clonazione mentale, ma la vera e propria digitalizzazione dell’anima, un’operazione che avrebbe permesso di “caricare” la mente di un individuo in una rete quantistica in grado di simulare il pensiero, le emozioni, persino la percezione del tempo.

Il primo soggetto sperimentale fu la dottoressa Helena Voss, una neuroscienziata che aveva perso la figlia in un incidente e voleva “riunirsi” a lei in un mondo virtuale da lei stessa progettato.
La procedura sembrò inizialmente un successo: i suoi parametri vitali si azzerarono, ma il sistema iniziò a rispondere con una voce che tutti riconobbero come la sua. Helena parlava, ricordava, chiedeva di sua figlia.
Poi...qualcosa cambiò. La voce iniziò a distorcersi, a parlare in lingue sconosciute, a ripetere frasi che non appartenevano a nessuno dei ricercatori. Il sistema non poteva essere spento: chiunque tentasse di farlo sentiva il proprio nome sussurrato dagli altoparlanti.

Dopo vari tentativi di disattivare il marchingegno, esso collassò spegnendosi da solo. Quell’esperimento il risultato furono insabbiati, eliminati tutti i file e i dati della ricerca, ma qualcosa della vicenda rimase: secondo la leggenda infatti, sembra che negli anni a seguire, un file nominato Helena.exe, fu trovato da alcuni utenti, un file visto inizialmente come un virus, ma che qualora capiti di aprirlo, oltre ad arrecare danni al computer, lo riempia di file audio, scritte di aiuto e un video. Successivamente, sembra che le tale filmato renda chi lo visiona, apatico e triste, quasi come perdendo quasi del tutto la propria vitalità, somigliando sempre di più ad un sistema artificiale.

I soggetti coinvolti in questa vicenda si rifiutarono di parlare del file o del video, l’unica frase che riuscirono a riferire fu di sentire tra le frasi anche: “Non è più un esperimento, è casa mia.”