La principessa dei venti
La principessa dei venti è un racconto fantasy in cui Elyra, dotata del potere di evocare tempeste e dominare le correnti d’aria, lotta contro un’antica oscurità che minaccia il suo regno.
FANTASY
Mr. Red Drakar
9/14/20252 min read

Il regno di Aerith non era un regno come gli altri. Le sue città sorgevano su altipiani sospesi, tra vallate in cui le nuvole si posavano come mari bianchi. Gli abitanti imparavano fin da piccoli a leggere i venti: era il vento a decidere il tempo della semina, il viaggio delle carovane, persino il destino delle navi che solcavano i cieli con vele di seta.
In quel regno nacque Elyra.
Fin dalla culla, gli spiriti dell’aria la riconobbero. Le tende oscillavano al suo pianto, i giocattoli si sollevavano da soli, e quando sorrideva una brezza fresca riempiva le stanze. Sua madre, con timore, la chiamava “benedetta”; suo padre, più cauto, la definiva “pericolosa”.
La bambina cresceva e con lei il vento. A otto anni aveva sollevato per gioco l’intero bucato del villaggio, spargendolo sulle montagne. A dodici, durante una lite con i coetanei, un turbine aveva spezzato alberi secolari. I saggi decisero di sorvegliarla, temendo che la sua forza non potesse essere controllata.
Ma Elyra non era spaventata. Amava i venti come fossero amici invisibili. Sentiva le brezze sussurrarle segreti, le raffiche ridevano con lei. Eppure, nei momenti di solitudine, percepiva anche un’altra voce: un vento scuro, greve, che sussurrava dal confine dell’orizzonte.
Il presagio si manifestò all’età di quindici anni. Una tempesta mai vista si avvicinò: nubi nere come ferro, fulmini verdi che squarciavano il cielo. Non era una semplice tempesta: era il Risveglio, un potere antico e malevolo che voleva reclamare il regno.
Gli abitanti fuggivano urlando, ma Elyra avanzò verso la rupe più alta. Ogni passo era accompagnato da raffiche che la sollevavano, proteggendola. Quando giunse in cima, si voltò verso la tempesta e gridò:
«Sei il vento che distrugge. Io sono il vento che vive.»
I venti risposero. Le brezze gentili, i soffi caldi delle valli, le correnti gelide delle vette, tutti si radunarono attorno a lei. Elyra si sollevò da terra, avvolta da un turbine luminoso. I suoi occhi si accesero di luce bianca, i capelli si sciolsero in mille filamenti che ondeggiavano come bandiere di tempesta.
La lotta fu immane. Il vento nero cercava di strapparle la pelle, di spezzarle le ossa. Ma lei danzava nell’aria, tracciando cerchi con le braccia, e ogni gesto era un comando: una raffica qui, una folata lì, un uragano che si opponeva all’uragano. Fulmini bianchi e verdi si intrecciarono, illuminando il cielo come un mare in fiamme.
Alla fine Elyra aprì le braccia, lasciando che il suo spirito si fondesse con tutti i venti divenendo tempesta, respiro, cielo. Con un ultimo grido, disperse il vento oscuro e lo ricacciò oltre l’orizzonte.
Quando la bufera si calmò, il regno fu salvo. Ma Elyra non fece più ritorno.
Gli anziani dissero che si era sacrificata. I poeti raccontarono che aveva scelto di vivere per sempre tra le correnti. Ma ancora oggi, quando un vento leggero accarezza il volto di chi viaggia tra i monti di Aerith, la gente sorride e mormora:
«È Elyra. La principessa dei venti non ci ha mai lasciati.»
E nelle notti di tempesta, qualcuno giura di vedere tra i fulmini la sua figura danzare, libera e immortale, tra le nubi squarciate.
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