La nascita dei fumetti horror: storia di un genere censurato

Vi racconto la nascita dei fumetti horror: dalle origini pulp agli anni d’oro di EC Comics, tra cambiamenti ed evoluzioni. Scopri la storia completa in questo articolo!

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Mr. Red Drakar

9/16/20253 min read

La nascita dei fumetti horror affonda le sue radici in un mondo fatto di carta economica e inchiostro scuro, in un’epoca in cui i pulp magazine popolavano le edicole americane e il cinema gotico iniziava a suggestionare l’immaginario collettivo.
Negli anni ’40, mentre i supereroi dominavano ancora la scena, alcuni editori scelsero di esplorare territori più cupi, fatti di fantasmi, vendette e mostri, trasformando l’horror letterario e cinematografico in sequenze disegnate che sapevano sorprendere e inquietare. Quella che per molti fu soltanto un’evasione, per altri rappresentò l’inizio di un genere che avrebbe segnato la storia del fumetto. Tra tutti, a guidare questa rivoluzione fu la EC Comics, con Bill Gaines al timone e autori come Al Feldstein e Wally Wood a dare forma a pagine che sarebbero rimaste leggendarie.

Con Tales from the Crypt, The Vault of Horror e The Haunt of Fear, emersero storie brevi, piene di colpi di scena morali, di atmosfere lugubri e di personaggi destinati a subire punizioni spietate, come in un macabro teatro della giustizia poetica. Per molti adolescenti dell’epoca quelle riviste rappresentarono il brivido proibito nascosto sotto il materasso, la porta verso un mondo che la società adulta non voleva raccontare. Fu tuttavia proprio quel successo ad attirare l’attenzione di chi temeva il potere dei fumetti. Nel 1954 lo psichiatra Fredric Wertham pubblicò Seduction of the Innocent, un libro che accusava le storie a fumetti di corrompere i giovani, associandole alla delinquenza e alla perdita dei valori. Le sue teorie, per quanto oggi screditate, alimentarono un clima di panico morale che travolse l’opinione pubblica americana arrivando persino al Congresso, dove i fumetti horror vennero messi sotto processo davanti agli occhi della nazione.

L’industria, messa alle strette, scelse di salvarsi creando un organo di autocensura: era la nascita del Comics Code, un sigillo che nel 1954 impose regole ferree e spietate. Fu proibita la parola “horror” nei titoli, vennero limitazioni nel mostrare mostri, zombi, vampiri, spargimenti di sangue o immagini di crudeltà. Il genere venne praticamente cancellato da un giorno all’altro. Le collane della EC Comics furono chiuse o trasformate, e un intero immaginario svanì dalle edicole, lasciando dietro di sé il ricordo di un’epoca bruscamente interrotta. Eppure, come accade spesso alle storie dell’orrore, ciò che si prova a seppellire torna a vivere sotto altre forme.

Negli anni ’60 alcuni editori intuirono che il Comics Code riguardava solo i fumetti nel formato tradizionale, non le riviste. Nacquero così i magazine in bianco e nero della Warren Publishing, con titoli come Creepy, Eerie e Vampirella. Pubblicazioni pensate per un pubblico più adulto, capaci di riprendere il gusto per le storie cupe con nuove libertà stilistiche. Parallelamente, il fumetto underground e poi le nuove linee editoriali degli anni ’70 e ’80 riportarono in vita l’horror con un linguaggio maturo, fino ad arrivare alle grandi opere autoriali come Swamp Thing, che dimostrarono come il genere potesse affrontare non solo il soprannaturale, ma anche le paure sociali, politiche ed esistenziali.

Con il passare dei decenni il potere del Comics Code si sgretolò: Marvel abbandonò il sigillo nel 2001, e poco dopo anche DC e Archie seguirono l’esempio. Il codice, ormai ridotto a un simulacro del passato, cessò di esistere. L’orrore era tornato libero, pronto a reinventarsi senza catene. E mentre negli Stati Uniti la storia seguiva queste curve, in Europa e in Italia il percorso aveva sviluppi paralleli e originali.

Nei primi anni ’60, quando in America i fumetti horror erano messi al bando, in Italia nasceva il fenomeno dei fumetti neri: tascabili popolari come Diabolik delle sorelle Giussani che, con il loro carico di delitti, violenza e tensione erotica, provocarono scandali e polemiche ma conquistarono milioni di lettori.
Più tardi, nel 1986, arrivò Dylan Dog di Tiziano Sclavi, che con le sue atmosfere gotiche e malinconiche riuscì a portare l’horror nelle case di tutti, diventando un fenomeno di massa e aprendo la strada a una stagione di fumetti maturi e autoriali.

Oggi, guardando indietro, possiamo leggere quella vicenda come una parabola emblematica: l’horror a fumetti fu un mondo temuto, censurato, rimosso, ma non cessò mai davvero di esistere. Trovò altre vie, altri formati, altre culture in cui rinascere trovando forza nell’essere il genere che incarna le paure profonde di una società, costringendola a guardare ciò che preferirebbe nascondere un linguaggio capace di trasformare i divieti in nuove possibilità e che ancora oggi continua a parlare a lettori di ogni età.

Illustrazione oscura di un uomo in cappotto che cammina tra la nebbia, circondato da mostri.
Illustrazione oscura di un uomo in cappotto che cammina tra la nebbia, circondato da mostri.