La libreria all'angolo
"La libreria all'angolo" è un racconto breve per ragazzi che segue le vicende di un ragazzo che si imbatte nel suo destino conoscendo una ragazza misteriosa.
STORIE E RACCONTI
Mr. Red Drakar
8/29/20252 min read

La libreria non era grande.
Un locale stretto, con scaffali alti che arrivavano quasi al soffitto e quell’odore di carta che sembrava rimanere sulle mani anche dopo aver chiuso i libri.
Era nascosta in una traversa poco distante dalla stazione, in una via dove i passanti rallentavano solo per comprare fiori o pane caldo.
Kenji ci passava ogni giorno.
Non perché fosse un lettore accanito — al contrario, negli ultimi anni non era riuscito a finire nemmeno un romanzo — ma perché lì, dietro al bancone, c’era lei.
Non sapeva nemmeno il suo nome.
L’aveva vista per la prima volta in primavera, sistemava una pila di libri di poesia con una calma quasi cerimoniosa. Aveva i capelli raccolti in una treccia morbida e un sorriso timido, di quelli che sembrano quasi scusarsi per esserci.
Da quel giorno, Kenji si era trovato a inventare pretesti per entrare.
Il primo fu un quaderno.
Il secondo, una penna.
Poi un libro che non avrebbe mai letto.
Ogni volta prometteva a sé stesso che le avrebbe parlato davvero. Che le avrebbe chiesto qualcosa in più di un semplice “Grazie” o “Buona giornata.”
E ogni volta qualcosa andava storto.
Un cliente impaziente lo spingeva via.
Il telefono squillava proprio nel momento in cui stava per aprire bocca.
Oppure, più spesso, era la sua voce a tradirlo: si incastrava in gola, diventava troppo bassa, o spariva del tutto.
Kenji non era timido con tutti. Con gli amici parlava, scherzava, a volte esagerava pure.
Ma con lei era diverso.
Con lei ogni parola gli sembrava troppo fragile per non rompersi.
Un pomeriggio di pioggia, entrò nella libreria bagnato fradicio.
Lei gli porse un fazzoletto di carta e sorrise.
«Oggi il tempo non ha pietà, vero?» disse con quella voce calma, come se stesse parlando a un amico di vecchia data.
Kenji annuì, incapace di rispondere. Avrebbe voluto dire: “Hai ragione, ma la pioggia è più leggera quando entro qui.”
Invece mormorò solo: «Sì.»
Il giorno dopo comprò un libro di poesie.
Non l’avrebbe mai letto davvero, ma gli serviva un altro pretesto. Lei lo avvolse con carta leggera, piegando gli angoli con cura.
«A me piace leggere una poesia prima di dormire,» disse lei, senza alzare lo sguardo. «È come avere un sogno in anticipo.»
Lui annuì, di nuovo. Le parole gli mancavano sempre nel momento sbagliato.
Passarono settimane così.
Lui accumulava libri che non apriva.
Lei continuava a sorridere con quella gentilezza discreta.
E lui, ogni volta che usciva, si riprometteva che la prossima volta sarebbe riuscito a dirle almeno una frase sincera.
Poi arrivò l’estate.
Un pomeriggio, la libreria era più vuota del solito. Solo lei, dietro il bancone, intenta a scrivere qualcosa su un foglio.
Kenji raccolse tutto il coraggio che aveva. Camminò verso di lei, deciso a rompere quella barriera di silenzi.
Ma un uomo entrò improvvisamente, chiedendo a voce alta un libro raro. Lei si alzò di scatto e, come sempre, l’occasione si frantumò davanti ai suoi occhi.
Quella sera, seduto in camera, Kenji guardò la pila di libri comprati.
Sfiorò le copertine, una dopo l’altra. Poi aprì il libro di poesie che non aveva mai letto.
La prima pagina era segnata da una piccola piega, come se qualcuno l’avesse sfogliata prima di lui.
E lì, scritta a matita, c’era una frase:
“A volte non servono tante parole. Basta restare.”
Kenji sorrise.
Forse non c’era bisogno di correre. Forse, la prossima volta, sarebbe bastato rimanere un attimo in più, senza scappare.
E chissà, un giorno, quella voce bloccata dentro di lui avrebbe trovato la strada giusta per uscire.
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