I draghi di cenere
I draghi di cenere, un racconto fantasy breve, oscuro e suggestivo in cui un antico drago di fuoco e cenere si risveglia dalle montagne. Un’avventura tra misteri, magia e coraggio.
FANTASY
Mr. Red Drakar
9/13/20252 min read

Le montagne di Thirval si stagliavano come denti scuri contro il cielo. Le voci degli anziani parlavano di una terra che aveva conosciuto il fuoco dei draghi, una terra che portava ancora le cicatrici di quell'epoca in ogni roccia. Storie, leggende che nonostante sembrassero dimenticate dalla gente, liquidandole come superstizioni di un passato remoto, qualcosa di esse resisteva al tempo.
Nayra, non riusciva a dimenticarle.
Era la figlia di un fabbro, una ragazza con le mani già callose per il lavoro e gli occhi neri come carbone. Passava le giornate nella forgia del padre, ma la notte, quando il villaggio dormiva, si ritrovava a guardare la cima del Monte Khyron, domandandosi se davvero, sotto quella cenere spenta, qualcosa respirasse ancora.
Un sogno ricorrente la perseguitava: un uovo immenso che si schiudeva tra fiumi di lava, e una voce che le chiedeva di “risvegliare ciò che non deve morire”. Ogni volta si svegliava sudata, con il cuore che le martellava nel petto.
Alla fine decise di seguire il sogno.
Salì il sentiero del monte con solo una torcia e un piccolo martello da fabbro alla cintura. Il cratere del Khyron era silenzioso, eppure non lo era mai del tutto: l’aria tremava di un calore sottile, il terreno era cosparso di ceneri così fini da sembrare neve annerita. Ogni passo era come camminare su ossa bruciate.
Nel cuore della caldera quello che trovò fu un uovo grande ad altezza d'uomo, semisepolto sotto strati di polvere grigia. Scintillava di venature rosse che pulsavano, come sangue vivo. Nayra tese la mano tremante e lo toccò.
Fu allora che l’aria esplose.
La cenere si sollevò in vortici, e dalle nuvole scure emersero sagome colossali: draghi di fumo, con occhi di brace e ali che si aprivano come tempeste. Non erano corpi solidi, ma spiriti, ombre ardenti del passato.
“Non siamo morti,” ruggirono in un’unica voce che riempì il cratere. “Abbiamo scelto di dormire. Ma la cenere conserva ciò che brucia. Tu, figlia del fuoco, ci hai destati.”
Nayra vacillò, ma non fuggì. Vide immagini scorrere davanti ai suoi occhi: città distrutte, campi ridotti a polvere, uomini e donne in fuga davanti a un cielo oscurato da ali nere. Eppure, in quel caos, c’era anche un’altra visione: draghi che volavano accanto a cavalieri, non come padroni ma come compagni, custodi dell’equilibrio.
«Io non vi temo», disse infine, stringendo il pugno. «Ma se tornate, non permetterò che distruggiate di nuovo il mondo.»
L’uovo tremò. Una crepa rossa lo attraversò, e con un suono simile a un tuono si aprì. Da esso emerse un piccolo drago, coperto di squame incandescenti, che la guardò con occhi profondi e fragili al tempo stesso. Non era una creatura di cenere, ma viva, pulsante, reale.
Quando lo prese tra le braccia, sentì il calore penetrare fino al cuore. I draghi di fumo arretrarono, svanendo nell’aria, ma la loro voce riecheggiò:
“Custode. Madre. Ponte tra ciò che eravamo e ciò che saremo.”
Nayra scese dal monte all’alba, con il piccolo drago accoccolato contro il petto. Il villaggio, vedendola, rimase senza parole: lo sguardo ardente della creatura comunicava ogni spiegazione
Quel giorno rappresentò il ritorno dei draghi, oltre che l’inizio di una nuova era, e Nayra ne era il cuore pulsante.
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